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La moschea contemporanea di Sumaya Dabbagh

Sumaya Dabbagh è una delle poche donne architetto degli Emirati Arabi Uniti, e una delle prime ad aver progettato una moschea

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Lo studio Dabbagh Architects, guidato dalla sua fondatrice Sumaya Dabbagh, ha progettato ad Al Quoz, un quartiere industriale a nord di Dubai, la moschea dedicata al defunto patriarca della famiglia Mohamed Abdulkhaliq Gargash. Sumaya Dabbagh ha accolto con grande entusiasmo l’incarico di questo progetto, poiché mai prima assegnato ad una donna.

Il talento di Sumaya Dabbagh

Sumaya Dabbagh, infatti, è una delle poche donne architetto degli Emirati Arabi Uniti, e tra le poche ad aver fondato un proprio studio di architettura nella regione del Golfo. Tra i suoi lavori di maggior successo c’è il Centro archeologico di Mleiha. Realizzata nel 2016, quest’opera architettonica è stata proclamata patrimonio mondiale dell’UNESCO e premiata nel 2020 con un Architecture MasterPrize.

Una moschea contemporanea e sostenibile

La moschea di Sumaya Dabbagh aiuta i fedeli nel loro percorso di purificazione. Ogni musulmano che entra in una moschea, infatti, è invitato a intraprendere un percorso spirituale di ricerca e di connessione con il divino, prima di ogni preghiera. L’atmosfera avvolgente e mistica del luogo è definita dall’utilizzo controllato della luce solare nei vari spazi e dalla presenza di forme e decorazioni sacre sia sulle pareti che sulla facciata esterna dell’edificio.

“Creare uno spazio di culto è stata una sfida progettuale molto particolare. La preghiera è un atto devozionale. Richiede che il fedele sia totalmente presente. Con tutte le distrazioni che ci sono oggi, a volte può risultare difficile riuscire a prendere il controllo e trovare quella calma interiore che consente la piena immersione nella preghiera”, spiega Sumaya Dabbagh. “Attraverso un attento studio progettuale, abbiamo creato una serie di spazi che consentono al fedele di lasciarsi alle spalle la frenesia del mondo esterno e iniziare un percorso intimo e di ricerca spirituale”.

L’edificio, inoltre, è stato realizzato con materiali di origine locale: pietra dall’Oman, alluminio, cemento, legno e ceramica dagli Emirati Arabi Uniti.

L’importanza della luce

L’utilizzo della luce nelle sue varie sfumature ha contribuito ad accrescere il forte valore sacrale del luogo.

All’esterno della moschea, un pergolato perforato controlla la luce solare, diminuendone l’intensità. Una volta dentro, il fedele viene condotto nell’area delle abluzioni, luogo in cui è invitato a lavarsi in segno di purificazione sia fisica che spirituale. Il percorso poi prosegue, il fedele è invitato a togliersi le scarpe e a prendersi un momento per leggere qualche verso del Corano. Terminata la lettura, si arriva alla Sala della Preghiera.

“La preghiera musulmana si esegue durante il giorno a orari prestabiliti: all’alba, a mezzogiorno, al pomeriggio, al tramonto e di notte. Questa disciplina crea una connessione umana con il ritmo naturale del giorno e della notte. La moschea cerca di migliorare questa connessione attraverso un’introduzione controllata dell’illuminazione naturale”, ha spiegato Sumaya.

La luce nella moschea accompagna il fedele durante tutto il suo percorso spirituale: entra dall’alto attraverso la cupola perforata, lateralmente, e dietro il Mihrab, la nicchia che indica la direzione della Mecca.

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Tradizione e innovazione

A differenza delle moschee tradizionali, quest’edificio è diviso solo in due blocchi: il blocco di preghiera maschile e femminile, e il blocco di servizio dove si trova l’area per le abluzioni e la residenza dell’Imam. A collegare i due blocchi c’è un cortile con baldacchino. Altro elemento di contrasto con l’architettura religiosa tradizionale è la progettazione separata del minareto, la torre caratteristica di tutte le moschee.

Sia dentro che fuori l’edificio si ripete un motivo triangolare che fa riferimento alla tradizionale geometria islamica, reinterpretata in chiave contemporanea. Una sura (versetto del Corano) avvolge esternamente la sala della preghiera. Il versetto, trascritto in segno di protezione del luogo, è composto interamente in saj’, la prosa in rima accentata delle prime forme di poesie arabe, e fa riferimento al sole, alla luna, alle stelle e al cielo.

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